
Non voglio parlare di Marco Simoncelli o di Damiano Russo. Non voglio parlare del campione o dell'attore. Voglio parlare di ragazzi, chiunque essi siano. Voglio parlare della morte. Voglio parlare di come sia devastante quando queste due parole dai suoni e dai colori così diversi s'incontrano o si scontrano.
Ho avuto sempre problemi ad accettare la morte dei giovani. E' un qualcosa di così innaturale, così mostruoso che non riesco a metabolizzarlo. Credo che non ci siano parole, non ci sia conforto possibile. Ci sono soltanto tutte le cose che avrebbero potuto fare e non faranno, che avrebbero potuto essere e non saranno. C'è solo il ricordo della loro presenza e il dolore della loro assenza, c'è quel vuoto che si apre nello spazio-tempo, quel vuoto che la loro vita, le loro gesta non potranno più riempire. C'è che erano giovani. C'è che erano acerbi, troppo.
E' sempre troppo.
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